L’Umbria: il cuore verde d’Italia che ha dimenticato il rosa

L’Umbria: il cuore verde d’Italia che ha dimenticato il rosa

Il 21 giugno 2020, in piazza a Perugia le donne hanno protestato contro la delibera che prevede l’aborto farmacologico solo con ricovero.

Pioveva pure, il 21 pomeriggio a Perugia, ma questo non ha scoraggiato il migliaio di donne che, mantenendo le distanze di sicurezza, indossando mascherine e un capo di abbigliamento rosso, si sono trovate in Corso Vannucci, nel centro del capoluogo umbro per protestare contro la delibera della Regione Umbria che cancella la possibilità di effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica nel proprio domicilio o in regime di day hospital e impone un ricovero di tre giorni in ospedale.

Quella che può sembrare a un occhio poco critico una misura di “protezione” in realtà è una grossa limitazione all’autodeterminazione  delle donne. Un ricovero significa dover raccontare a tutti perché, avere a che fare con medici e infermieri, coinvolgere la famiglia, allungare i tempi, ecc.

Uno schiaffo alle donne e all’autodeterminazione che nega loro il metodo di interruzione di gravidanza più veloce e meno invasivo, tanto dal punto di vista fisico quanto psicologico, finendo per disincentivarlo e aprendo, potenzialmente, la strada a nuove pericolose forme di clandestinità.” scrive il giornalista Lorenzo Tosa, nella sua pagina Facebook.

Come diceva una ragazza al microfono ieri pomeriggio: «Perché le ragazze umbre dovrebbero essere diverse da quelle inglesi o portoghesi? perché una donna deve essere protetta come se fosse incapace, perché solo adesso tutti si scandalizzano quando sono anni che hanno lasciato svuotare i consultori umbri, perché in Toscana, Puglia, Emilia Romagna le donne ottengono la contraccezione gratis e qui no?».

La manifestazione è stata organizzata dal comitato Liberi di Scegliere e una delle organizzatrici annuncia: «Iniziamo qui la nostra attività, perché più diritti riproduttivi siano garantiti, la sessualità libera, l’accesso all’aborto privo di ostacoli, le narrazioni non siano impregnate di stereotipi e paternalismo. Facciamo partire da qui un appello a tutto il Paese, cambiamo insieme questo sistema patriarcale, per poter essere libere di scegliere sul nostro corpo”.

A chi, come chi scrive, ha una certa età, le parole “libere di scegliere sul nostro corpo” fanno tornare alla mente anni di lotte, di collettivi, di discussioni, di cortei, quando i capelli erano ancora tutti scuri e la vita non aveva ancora lasciato le sue rughe sul viso. Commovente nostalgia e consapevolezza che le cose che sembrava sarebbero cambiate entro pochi giorni, in realtà sono rimaste invariate a distanza di decenni.

Pare che la governatora Tesei abbia avuto l’incoraggiamento entusiasta per questa bella idea dal senatore Pillon, l’ex ministro della Famiglia e organizzatore a marzo del 2019 – circa un secolo fa – aveva organizzato a Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie, dove veniva donato ai partecipanti come simpatico gadget un feto di plastica.

Il Comitato organizzatore “Liberi di scegliere” ha lanciato anche una petizione su change.org che ha raggiunto le 42mila firme.

Nella petizione si legge, tra l’altro: “Un ricovero prolungato, non necessario, non farà altro che ledere ulteriormente la psiche di chi si trova a compiere una scelta, in ogni caso delicata e affatto semplice, oltre ad appesantire, inutilmente, il già provato sistema sanitario. Uno sperpero di denaro pubblico totalmente ingiustificato, motivato soltanto da un velato meccanismo punitivo nei confronti di quelle donne che compiono una scelta che mal si concilia coi valori arcaici e retrogradi di questa giunta; quando l’accesso alla contraccezione d’emergenza dovrebbe essere facilitato e non ostacolato.

Con questa decisione e questo metodo invasivo, riportiamo indietro le lancette nel tempo di più di mezzo secolo, per le donne umbre, eliminando tutti quei diritti inalienabili che si erano acquisiti con tanta fatica e orgoglio. 

Non lo permetteremo. Dalle parte delle donne, della civiltà e del futuro, sempre!”

Adelante donne! Perché mai come ora l’utero è nostro e ce lo dobbiamo gestire noi!



Articolo di Gabriella Canova pubblicato su PeopleForPlanet il 22 giugno 2020.