MASCHERA E MASCHERAMENTI FEMMINILI (I parte) – Paola Piizzi Sartori

MASCHERA E MASCHERAMENTI FEMMINILI (I parte) – Paola Piizzi Sartori

II mio primo incontro con la maschera risale agli anni ‘80, durante un viaggio di studio con Donato Sartori in Indonesia. Incontro fortuito come spesso sono gli episodi che marcano profondamente la nostra vita e il nostro lavoro. Mi ritrovai subito, e con piacere, immersa in quel mondo che l’essere umano conosce da sempre, perché da sempre ha fatto uso della maschera, che accompagna popoli con disparate credenze etnico-religiose, ancorché politiche, sociali e teatrali, nei riti tribali, propiziatori, evocativi e spettacolari della cultura orientale e occidentale. Quella passata e quella presente.

Paola Piizzi Sartori, laureata in Architettura all’IUAV (Università di Venezia) nel 1981 e’ attualmente direttrice del Museo Internazionale della Maschera Amleto e Donato Sartori.

Ecco perché la maschera mi ha sempre interessata, incuriosita, affascinata. Sin dalla nascita avvenuta nel 1979, il Centro Maschere e Strutture Gestuali trova nella maschera la sua peculiarità’ e ragione d’esistere; oltre che richiamare attorno al proprio nucleo operativo e creativo (formato originariamente da Donato Sartori, Paolo Trombetta e dalla scrivente – ora diretto da mia figlia Sarah Sartori) una moltitudine di collaboratori internazionali progressisti, fortemente motivati e impegnati in varie discipline, a seconda delle esigenze comuni e pluridisciplinari. Va detto che le maschere Sartori, quelle realizzate nel Centro Maschere e Strutture Gestuali da circa un secolo, non sono mai state e non sono un espediente meramente estetico ma aiutano a trasformare un oggetto per sua natura inanimato, in una comunicazione e un testo di lettura in grado di esprimere passioni e sensazioni. Molti ‘maschereri’ di oggi, alcuni dei quali sono stati nostri ex-allievi e imitatori, sia in Italia che all’estero, non rispettano questo onesto mandato culturale, etica della creazione che si riassume nella semplice frase “l’onore del vero”.
questo va detto. Che si tratti delle maschere espressive, nate come strumento di pedagogia e inventate per la scuola di Jacques Lecoq, così come di tutte le altre maschere teatrali di Amleto e Donato Sartori, possiamo parlare di vere e proprie opere d’arte. Diventano scultura viva, attraverso linee e piani, luci e ombre. Si parla di “maschera” e di “contromaschera” e sono capaci di trasmettere le emozioni del personaggio, nel momento della metamorfosi dell’attore. L’invenzione ed elaborazione singolare dei Sartori è stata perciò quella di creare un alfabeto della maschera, una grammatica del corpo, lavorando in collaborazione con attori diversi, studiandone i gesti e la loro metamorfosi.

Alla fine del 2004 ad Abano Terme, presso la seicentesca Villa Trevisan Savioli, è stato aperto il Museo Internazionale della Maschera intitolato ad Amleto e Donato Sartori, di cui sono direttrice oltre che moglie di Donato Sartori. A sorpresa, i nostri grandi amici Franca Rame e Dario Fo hanno voluto poi elargire un grande dono creando per il nostro Museo lo spettacolo teatrale Maschere Pupazzi e Uomini dipinti, presentato in prima nazionale nelle tre serate del 3,4 e 5 giugno 2005 nel cortile appositamente allestito, alla presenza di oltre duemila persone e, successivamente, al Festival Internazionale di Atene. L’evento è stato trasmesso dalla terza rete Rai in settembre in due puntate, oltre che riproposto più volte in replica sui canali satellitari della Rai.


Introduzione: le maschere

La maschera mi ha sempre interessata, incuriosita, affascinata. Per maschera in generale si intende di solito un oggetto che serve a nascondere, modificare, svelare. Esso ricopre in parte o del tutto il corpo di un uomo e di una donna nascondendone l’identità o, più spesso, cambiandola: tende a caratterizzare l’intera sembianza di chi la indossa in un personaggio, sacro o profano. Costruita con diversi materiali (paglia, fibra vegetale, legno, cera, cartapesta, tessuto, plastica, cuoio, metallo ecc.), l’uso e il significato della maschera è cambiato da un contesto all’altro nel tempo e nello spazio, rimanendo tuttavia sempre parte integrante della comunicazione sociale. In quanto oggetto-scultura, essa ricopre funzioni strettamente legate alla vita quotidiana, assumendosi il compito di tramandare e comunicare la cultura dei popoli attraverso forme simboliche, diventando così strumento di comunicazione in un contesto religioso nonché politico-sociale-teatrale nei riti tribali, propiziatori, evocativi e spettacolari, da Oriente a Occidente. Come dice Roger Callois, antropologo e poeta francese contemporaneo:
È un fatto che tutta l’umanità porta o ha portato una maschera. Questo accessorio, enigmatico e senza destinazione utile, è più diffuso della leva, dell’arco, dell’arpone o della carrucola […] Non v’è un utensile, un’invenzione, una credenza, un costume o un’intuizione che unisca l’umanità o almeno che lo faccia allo stesso grado come il portatore di maschera.

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Saggio di Paola Piizzi Sartori pt.1 pubblicato il 20 dicembre 2020 su www.lamacchinasognante.com