L’Uranio impoverito e la Sindrome dei Balcani

LA BATTAGLIA DI FRANCA RAME

CHE COSA E' L'URANIO IMPOVERITO?

Franca Rame durante un’intervista alla trasmissione di Rairadio2 Caterpillar al conduttore che chiedeva: «Che cos’è questo uranio impoverito e da dove viene?» rispondeva:
«È un metallo pesante, radioattivo, ad alta capacità piroforica – che si incendia spontaneamente a contatto con l’aria (NdR) – con un bassissimo contenuto di plutonio che lo rende perfetto per costruire ordigni bellici. Quel materiale, prelevato ed esaminato dagli americani dopo un’esplosione, ha evidenziato la presenza di un particolato talmente sottile in grado di procurare seri danni a chi, mancando di protezione, lo respira: cancro, leucemia, gravissime patologie e malformazioni nella prole.»

L’uranio impoverito è uno dei materiali di scarto della raffinazione dell’uranio naturale.
Questo materiale ha inoltre un’altissima densità – circa 19 grammi per centimetro cubo – e questo lo rende utilizzabile sia per usi sia militari che civili.
In campo militare alla densità si aggiunge, come abbiamo detto, la capacità piroforica e quindi l’UI viene usato per foderare le punte dei proiettili che così riescono a penetrare e incendiare nel momento dell’impatto le corazze dei carri armati, o per foderare i carri armati stessi.
Lo stesso risultato però potrebbe essere raggiungo con l’utilizzo del tungsteno, ma il costo di questo metallo pesante è molto elevato e il maggiore esportatore è la Cina. In caso di conflitto gli Usa non vogliono dipendere per la produzione di armi da un Paese che potrebbe essere un nemico.
L’UI è al contrario in grande quantità, a basso costo e autoprodotto nelle centrali nucleari.

La Guerra del Golfo (1990-1991)
Durante la Guerra del Golfo dai cannoni degli aeroplani d’attacco sono state esplose 300 tonnellate di UI, ogni proiettile ne conteneva 272 grammi.
Scrive in un dossier molto tecnico e particolareggiato Peacelink: “Quando un penetratore all’uranio impatta su un obiettivo, o quando un carro armato con corazzatura all’uranio o munizioni U.I. prende fuoco, parte dell’Uranio Impoverito brucia e si ossida in piccole particelle. I penetratori all’Uranio Impoverito che non colpiscono l’obiettivo possono rimanere sul suolo, essere sepolti o rimanere sommersi nell’acqua…
… I test dell’US Army hanno dimostrato che quando un penetratore all’Uranio Impoverito colpisce un obiettivo, dal 20 al 70% del penetratore brucia e si ossida in piccole particelle. Ciò significa che a seguito dell’impatto di un penetratore all’Uranio Impoverito da 120 mm contro un bersaglio corazzato si liberano tra 2 e 7 libbre (0.9 – 3 kg) di polvere di uranio radioattiva ed altamente tossica”.

Uranio impoverito nel Kosovo (1998-1999)
Franca Rame nella sua intervista a Caterpillar continua affermando che nei Balcani si calcola che siano stati scaricati nel suolo dell’ex Jugoslavia 30.000 tonnellate di uranio impoverito, ma mentre le truppe americane sapevano dei danni che sarebbero conseguiti all’esposizione ed erano equipaggiate con indumenti protettivi, i nostri soldati italiani non erano stati informati dei pericoli e indossavano magliette e pantaloni in stoffa leggera.
In particolare, scrive Peacelink: “Il più recente manuale di addestramento delle truppe USA consiglia ai soldati di tenersi a una distanza di almeno 100 metri da edifici colpiti da missili da crociera e di non avvicinarsi se privi di protezione”.
Le conseguenze della mancata protezione dei nostri soldati sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti, o almeno di chi le vuole vedere.

La battaglia di Franca Rame al Senato
“La battaglia che in Senato mi ha maggiormente coinvolta è senz’altro quella a proposito dell’uranio impoverito” scriveva Franca Rame nel suo blog nel 2006, quando era senatrice dell’allora Governo Prodi. “Fin dal tempo della guerra nella ex Jugoslavia e in Kosovo i nostri ragazzi arruolati nell’esercito si sono trovati in terre dove sono state compiute violenze indicibili, la più feroce delle quali è stata la pulizia etnica perpetrata dai serbi nei confronti dei bosniaci. Pensiamo alle donne aggredite e violentate perché dessero alla luce figli “bastardi” rifiutati anche dalle loro famiglie di appartenenza.
In ufficio è arrivato a fine settembre il dottor Domenico Leggiero, ex pilota di guerra e socio fondatore dell’Osservatorio militare, un comitato di studio, ricerca e individuazione delle possibili soluzioni alle problematiche afferenti la tutela e il riconoscimento dei diritti del personale delle forze armate. Mi parla delle condizioni attuali delle vittime dell’uranio impoverito, delle loro famiglie, delle sofferenze per la morte di giovani soldati, del silenzio delle istituzioni e dei media. Le parole gli escono di bocca spesso a fatica, è completamente coinvolto in questa terribile vicenda. Mi chiede di attivarmi affinché si instauri velocemente una commissione d’inchiesta su questa sciagura. Quando ci salutiamo ho addosso un senso di impotenza e disperazione. Mi attivo subito perché questa commissione venga creata.
Il presidente del Senato Marini sancirà l’esistenza della commissione a novembre ma, nonostante le richieste, per riunirsi bisognerà aspettare tre mesi. Perché? Misteri del Senato. Alla prima riunione del 13 febbraio 2007 siamo tutti presenti: 21 senatori. Eleggiamo presidente Lidia Menapace.
Decido di rivolgermi direttamente a lei per porre fine allo strazio delle numerose famiglie delle vittime che, da mesi e mesi, subiscono il grave sopruso del silenzio: giovani spesso in fin di vita dimenticati dalla Commissione Difesa, abbandonati economicamente dallo Stato. Qui prendo fiato e alzo il volume della voce per dire: Bisogna assolutamente iniziare a lavorare sul serio: basta con i rinvii!”.

Delusa dalle lungaggini della politica Franca decide che l’unico modo per far emergere la tragedia del nostri soldati sia informare la gente “e soprattutto i miei elettori, di cosa continua a succedere nelle zone di guerra, facendo intervistare quei militari che sono stati colpiti da queste patologie mortali… Mi metto in contatto con Antonio Ricci, l’ideatore della trasmissione Striscia la notizia, il quale con gran senso di responsabilità civile mi mette a disposizione un’intera troupe televisiva. Ed ecco che il 31 marzo appare sul teleschermo un servizio di Gimmy Ghione sull’uranio impoverito, dove a mia volta appaio in veste di speaker e presento un soldato, Angelo Ciaccio, un giovane colpito da leucemia fulminante. E subito appresso faccio conoscere al pubblico altri suoi commilitoni che, a loro volta, denunciano la medesima condizione e le difficoltà di ottenere un riconoscimento da parte dei responsabili del ministero della Difesa”
Intanto, per aiutare le famiglie dei soldati ammalati e deceduti Franca Rame apre un conto corrente per raccogliere fondi il cui numero viene mandato in onda alla fine del servizio di Striscia la notizia.
“Qualche giorno dopo riceviamo molte donazioni, piccole cifre ma date col cuore, tra cui 500 euro dal senatore Fernando Rossi, l’unico oltre me su 315 senatori che abbia dimostrato, con generosità, interesse per la tragedia dei nostri soldati”.

Finalmente, il 9 ottobre 2007, dopo otto mesi di attività e tanta insistenza, il ministro della Difesa Arturo Parisi si decide a incontrare la commissione.
“Nel suo intervento Parisi dichiara che il ministero della Difesa non intende in alcun modo sottovalutare il fenomeno. I militari che hanno contratto malattie tumorali nelle ultime guerre risultano essere un totale di 255. Di questi 37 sono morti (dato del 2007, NdR).
Qualcuno del nostro gruppo interviene: «Fermi tutti, le informazioni sulle vittime che ci state proponendo sono errate. Il nostro osservatorio denuncia un valore completamente diverso: coloro che hanno contratto il morbo sono 312, di cui 77 con decorso fatale».
Il ministro rivede le cifre e si dice d’accordo sull’analisi dei responsabili della commissione. Come diceva sant’Ambrogio: l’importante è ravvedersi, se poi ti scappa di scusarti, sii benedetto.”

La discussione sull’uranio impoverito riprende alcuni giorni dopo, e tocca a Franca parlare in commissione, tra le altre cose afferma:
“Ultimamente, fra le novità a proposito dell’uranio impoverito, si è scoperto che nel poligono di tiro di Quirra, in Sardegna, in uno spazio gigantesco di addirittura 12.000 ettari, per anni si sono esercitati militari con armi di diversa potenza e calibro, armi tra le quali numerose sono quelle all’uranio impoverito. A testimonianza di ciò è stato trovato anche un agnello morto vicino al poligono sardo. Aveva naturalmente pascolato mangiando l’erba contaminata. Ora mi chiedo: e i nostri soldati si sono anche loro inchinati a brucare quell’erba? L’università che ha analizzato l’animale, il Politecnico di Torino, ha rilevato tracce di uranio impoverito fra le sue membra e guarda caso molti dei militari malati e deceduti negli ultimi anni si sono esercitati in quel poligono prima di scoprire di essere rimasti contaminati a loro volta.”
E bastasse un agnello… scrive Nadia Redoglia a ottobre 2007: “E quanti sono i civili ammalati residenti nei pressi di quei poligoni o quei civili che venivano utilizzati per bonificare i siti?”

Un primo riconoscimento
Scrive Franca Rame nel suo libro In Fuga dal Senato edito dopo la sua morte a ottobre 2013 dalla Casa editrice Chiarelettere:
“Nell’ottobre del 2012, cioè quattro anni dopo essere uscita dal Senato, troverò una notizia che mi darà grande soddisfazione: il Tribunale di Roma ha sentenziato che la morte di numerosi nostri militari, dai Balcani in poi, non è stata provocata dalla somministrazione di vaccini infetti, come indegnamente avevano dichiarato i medici del ministero della Difesa, ma dall’esplosione di ordigni all’uranio impoverito. Lo stabilisce un’inchiesta degli istituti di ricerca delle Università di Modena e Reggio Emilia. Secondo quegli scienziati, sono più di duecento i militari morti e più di duemila quelli ammalati perché vittime di contaminazione da uranio impoverito. La sentenza del tribunale ha sancito che il ministero della Difesa deve pagare per tutto questo, rimborsando le molte famiglie che hanno subito la morte dei propri figli. Per avere un’idea di quanto costeranno i risarcimenti in totale, vi basti sapere che lo stesso tribunale ha stabilito che per il solo Andrea Antonacci, contaminato nei Balcani e morto nella sua casa a Lecce, la cifra che lo Stato dovrà rimborsare alla famiglia è di quasi un milione di euro.
Allora non è vero che non serve lottare contro le solite regole dello Stato. Qualche volta, insistendo, si riesce anche a fare giustizia.”

La sentenza definitiva della Corte d’Appello relativa al caso di Andrea Antonacci arriverà a maggio 2015, ne parla Andrea Pitoni in un articolo su Il Fatto Quotidiano:
“Sentenza definitiva della Corte d’Appello. Sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. Con “l’inequivoca certezza” del nesso di causalità tra esposizione alla sostanza tossica e la malattia. L’avvocato Tartaglia: «Dimostrato che i vertici militari conoscevano i pericoli e non hanno fatto nulla per prevenirli».
Ed è una sentenza dirompente. Non solo per l’entità del risarcimento record (quasi 1 milione 300mila euro oltre al danno da ritardato pagamento) accordato ai familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto per un tumore contratto dopo aver partecipato proprio a quella missione – in Kosovo dal 2002al 2003, NdR – Ma anche per le motivazioni con le quali il ministero della Difesa è stato condannato a pagare”.

Passano gli anni…
A quella prima Commissione a cui partecipava Franca Rame ne sono seguite altre tre, la quarta ha concluso i lavori a febbraio 2018. Nella relazione finale, approvata con 10 voti favorevoli e due contrari si legge che “Criticità hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i lavoratori militari” e continua: “Inadeguate norme sicurezza militare e negazionismo: risultato devastante“.
Le “reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa” si legge ancora nella relazione hanno “costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. Per l’uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali Inail approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare“.
Come prevedibile lo Stato Maggiore della Difesa è insorto: “Accuse inaccettabili”, affermando di non aver mai acquistato o utilizzato proiettili rivestiti di uranio impoverito.
Forse si è cercato di far passare sotto silenzio, di insabbiare questa scomodissima verità?
Si legge nella relazione della Commissione: “Si tratta della vicenda relativa al militare Antonio Attianese, vittima di una grave patologia insorta a seguito della sua permanenza in territori contaminati dalla presenza di uranio impoverito in Afghanistan. Davanti alla Commissione, il 15 marzo 2017, denunciava l’atteggiamento ostruzionistico di alcuni superiori e le gravi minacce da lui subite nel corso delle pratiche relative alla sua richiesta di causa di servizio“.
E inoltre: “Nel corso di un’intervista televisiva andata in onda pochi giorni prima, il generale Carmelo Covato aveva affermato che i militari italiani impiegati nei Balcani erano al corrente della presenza di uranio impoverito nei munizionamenti utilizzati ed erano conseguentemente attrezzati. Affermazioni, queste, che apparivano in contrasto con le risultanze dei lavori della Commissione e con gli elementi conoscitivi acquisiti nel corso dell’intera inchiesta“.

La situazione nel 2020
A oggi – luglio 2020 – le vittime italiane accertate per i danni provocati dall’UI dagli anni ‘90 sono 382, e i soldati che hanno avuto complicanze tumorali serie sono 7.600. Il Ministero della Difesa ha già subito oltre 150 condanne a pagare risarcimenti e indennità ma non senza porre mille difficoltà e resistenze.
Di tutti gli ostacoli ancora oggi posti dalla Difesa per evitare le cause relative all’UI ne parla Vincenzo Riccio, presidente della A.N.V.U.I (Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito) e vittima egli stesso della sindrome dei Balcani:

“Teoricamente il ministero della Difesa, tramite il comitato di Verifica delle cause di servizio, dovrebbe monitorare e istruire i procedimenti a tutela delle vittime appurandone la veridicità. Questo nella realtà dei fatti è praticamente impossibile, dato che spesso i vertici dell’Esercito si sovrappongono a quelli ministeriali e viceversa. Alla fine su 7.500 casi sono emersi circa 7.300 dinieghi. Credo che ci siano stati grossi errori di valutazione sia da parte della politica, che da parte dei vertici militari e adesso nessuno vuole assumersi le responsabilità. Meglio ignorare e mettere a tacere chi si ribella.
La questione dell’uranio impoverito non è legata solamente al passato ma è tuttora centrale. Ancora oggi ci sono molti soldati che continuano ad ammalarsi silenziosamente. Effettuano le chemioterapie durante le licenze ordinarie ma non denunciano per la paura di perdere il posto e lo stipendio. Vanno avanti così, almeno finché possono. Le bombe all’uranio ormai sono state lanciate, la presenza dell’elemento chimico in determinate aree del mondo è qualcosa di irreversibile e chiunque passi per quelle zone rischia di contrarre malattie. Chiedetelo ai soldati che hanno avuto figli con malformazioni o che non sono più autosufficienti, oppure a chi si è ammalato durante le sessioni ai poligoni di tiro in Sardegna se la questione uranio è anacronistica o meno. Ascoltate le loro risposte…”.
“…Vedere i capi di Stato – conclude Riccio – i generali, i vertici dell’Esercito e i politici sedere nella IV Commissione e asserire che andava tutto bene e che non vi era presenza d’uranio impoverito nei teatri dove operavano le truppe italiane è stata una mancanza di rispetto per tutti noi. Soprattutto per i morti. Ci ha fatto capire che le istituzioni avrebbero oscurato la realtà. E così è andata. Lo Stato prima è stato  omertoso e poi ci ha abbandonato. Ma quei soldati non sono morti inutilmente. Sarebbe un insulto alla loro memoria smettere di lottare per ottenere giustizia e riconoscimenti. Fino a quando non raggiungeremo il nostro traguardo, come sodalizio, ci batteremo affinché nessun militare si senta abbandonato nel momento più difficile della sua esistenza…”.

È di inizio luglio 2020 un’interrogazione parlamentare dell’on. Fioramonti del Gruppo Misto: “Non possiamo continuare ad esporre i nostri militari alle nanoparticelle che si sprigionano con la combustione dei materiali che contengono questa sostanza, presenti negli armamenti, e la cui inalazione costituisce un pericolo per l’organismo” ha dichiarato.
“Per tale motivo sto depositando un un’interrogazione insieme ai deputati Palazzotto, Cecconi, Fratoianni e la deputata Flora Frate, indirizzata al Ministro della Difesa per sollecitare una risposta esaustiva a tale problematica e prendere delle misure audaci che risolvano definitivamente la questione”.

Attendiamo fiduciosi…

P.S.
LA NASCITA DELL’A.N.V.U.I. – Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito

Il 31 dicembre 2019, per iniziativa di un gruppo di vittime e familiari di vittime ammalatesi a causa dell’esposizione all’uranio impoverito, è stata fondata l’A.N.V.U.I. – Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito. L’Associazione nasce con lo scopo di assistere, guidare e tutelare coloro che siano affetti da patologie oncologiche o siano deceduti per tali patologie, abbiano prestato servizio nelle FFAA, abbiano operato in territori contaminati, siano stati impiegati nei poligoni nazionali ed internazionali, e i loro familiari, i civili che abbiano operato all’interno dei poligoni internazionali in Sardegna, i civili (o familiari diretti) che abbiano contratto patologie oncologiche alla cui origine vi sia l’intossicazione da metalli pesanti prodotta da esplosioni belliche.
Obbiettivi dell’Associazione sono inoltre conoscere ed educare al rischio patologico ed alla tutela del personale interessato, promuovere attività di studio e ricerca con proposte anche di tipo legislativo da presentare agli organi preposti.
L’Associazione prevede due tipologie di soci: Socio Effettivo e Socio Onorario.
Saranno Soci Effettivi tutti i militari, civili e loro familiari, affetti da patologie oncologiche dovute all’esposizione ai metalli pesanti prodotti da esplosioni belliche, e familiari di militari e civili deceduti per le medesime patologie, che vorranno iscriversi all’Associazione.
Saranno Soci Onorari tutti coloro che vorranno iscriversi, per sostenere le attività dell’Associazione, avere accesso agli eventi organizzati dalla stessa, aiutare a raggiungere gli obbiettivi che l’Associazione si prefigge, dimostrare solidarietà e vicinanza alle vittime ed ai familiari.
Saranno nominati Soci Onorari inoltre personalità che hanno in passato dimostrato sensibilità nei confronti delle vittime e dei loro familiari, e si sono operosamente spesi per il tema.
Tra queste, non è proprio possibile non annoverare Franca Rame, che durante i lavori della II Commissione di inchiesta sull’uranio impoverita, di cui è stata membro, ha portato avanti le legittime rivendicazioni delle vittime e dei familiari sempre con grandissima passione ed enorme impegno. Per questi motivi l’Associazione ha deciso di conferire a Jacopo Fo il titolo di socio onorario.

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